LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza nella controversia iscritta al n. 781/2004 R.G.R., assunta in decisione all'udienza pubblica del 3 marzo 2005, tra Brugni Amilcare, nato in Ascoli Piceno il 31 marzo 1940 (c.f.: BRGMCR40C31A462Z), ivi residente, al viale Medaglie d'Oro n. 6/b, ed ivi elettivamente domiciliato, alla via Galilei n. 9, presso lo studio dell'avv. Guido Castelli, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso introduttivo del giudizio, ricorrente; e Agenzia delle entrate - Ufficio di Ascoli Piceno, rappresentato e difeso dal dirigente dott. Fortunato Benvenuto, direttore pro tempore, resistente; Regione Marche, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Lucilla Di Ianni del Servizio legale della giunta regionale ed elettivamente domiciliata in Ascoli Piceno, via del Trivio n. 1, presso lo studio dell'avv. Luigi Romanucci in Ascoli Piceno, giusta deliberazione in corso di adozione, resistente. Svolgimento del processo Con ricorso del 5 novembre 2004 il sig. Amilcare Brugni adiva la Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno per sentirsi dichiarare la infondatezza e la illegittimita' del tacito rifiuto opposto dalla Regione Marche e dall'Ufficio di Ascoli Piceno dell'Agenzia delle Entrate all'istanza spedita il 4 giugno 2004 con la quale aveva richiesto il rimborso della somma di euro 556,00, trattenuta in eccesso nell'ambito della dichiarazione dei redditi per l'anno 2003 - mod. 730/04 - a titolo di addizionale regionale all'IRPEF. Deduceva il ricorrente che, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno 2003, la liquidazione dell'ammontare dovuto a titolo di addizionale regionale IRPEF era stata effettuata sulla base delle istruzioni ministeriali che indicavano per l'anno 2003 le medesime aliquote fissate dalla Marche per il 2002 con la legge regionale 19 dicembre 2001, n. 35. Rilevava come, attraverso la predetta legge, la Regione Marche si fosse avvalsa della facolta', riconosciuta alle regioni dall'art. 4, comma 3-bis della legge 16 novembre 2001, n. 405, di incrementare l'addizionale regionale IRPEF rispetto alla misura ordinaria (compresa tra lo 0,9% e l'1,4%) prevista dall'art. 50 del d.lgs. n. 446/1997, cosi' come modificato dal d.lgs. n. 56/2000. Argomentava tuttavia il ricorrente che la disposizione normativa di cui all'art. 4, comma 3-bis della legge 16 novembre 2001, n. 405, limitava espressamente al solo anno 2002 la facolta' delle regioni di aumentare ad libitum la misura dell'addizionale regionale IRPEF e che, al contrario, la legge regionale n. 35/2001 - prescrivendo che l'applicazione delle aliquote superiori alla misura massima dell'1,4% operasse «a decorrere dal 2002» (e non «limitatamente al 2002») - estendeva arbitrariamente gli effetti dell'incremento in questione anche all'anno 2003. Instaurato il contraddittorio, l'Ufficio di Ascoli Piceno dell'Agenzia delle Entrate eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva invocando l'art. 50 del d.lgs. n. 446/1997 che affida alle regioni la competenza a provvedere ai rimborsi in materia di addizionale regionale IRPEF e che esonera l'Amministrazione finanziaria da qualsivoglia potere di valutazione di legittimita' della normativa regionale afferente all'individuazione della misura dell'addizionale. Si costituiva, altresi', la Regione Marche deducendo che la potesta' di variare l'aliquota dell'addizionale regionale prevista dalla legge n. 405/2001 non e' stata consentita dalla medesima solamente per l'anno 2002, riferendosi il comma 3-bis della legge in questione esclusivamente alle modalita' ed ai tempi di imposizione. A sostegno del proprio assunto, la difesa della Regione Marche richiamava l'art. 3 della legge n. 289/2002 (Legge Finanziaria per il 2003), che - sospendendo l'efficacia degli aumenti dell'addizionale regionale IRPEF deliberati dopo il 29 settembre 2002 e che non fossero confermativi delle aliquote in vigore nel 2002 - avrebbe dimostrato implicitamente la facolta' di estendere all'anno 2003 l'applicazione delle aliquote gia' fissate per l'anno precedente in forza di provvedimento legislativo approvato anteriormente alla data del 29 settembre 2002. In data 19 febbraio 2005, la difesa del ricorrente depositava memoria difensiva in cui evidenziava il contrasto tra l'art. 1, comma 7, della legge regionale Marche n. 35/2001 e dell'allegata Tabella A con gli artt. 3, 16, 41, 53, 117, 119 e 120 della Costituzione e chiedeva che la questione di legittimita' costituzionale fosse rimessa per la risoluzione alla Corte costituzionale. Alla pubblica udienza del 3 marzo 2005 comparivano soltanto il ricorrente ed il rappresentante dell'Agenzia dell'Entrate. Quindi, la Commissione, dopo la rituale discussione, si riservava la decisione. Motivi della decisione Sussistono i presupposti per ritenere ammissibile e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, della legge della Regione Marche n. 35 del 19 dicembre 2001 e dell'annessa Tabella A in riferimento agli artt. 3, 16, 41, 53, 119 e 120 della Costituzione, proposta dal ricorrente. Con tale disposizione legislativa la Regione Marche ha stabilito che, «a decorrere dall'anno 2002» l'addizionale regionale all'IRPEF e' determinata applicando l'aliquota di reddito complessivo secondo gli scaglioni indicati nella Tabella A allegata alla legge regionale n. 35/2001, che di seguito si riporta. «Tabella A Scaglioni di reddito al fine dell'applicazione dell'addizionale IRPEF (art. 1, comma 7): fino a euro 10.329,14 = 0,9%; oltre euro 10.329,14 fino a euro 15.493,71 = 0,90%; oltre euro 15.493,71 fino a euro 30.987,41 = 1,91%; oltre euro 30.987,41 fino a euro 69.721,68 = 3,60%; oltre euro 69.721,68 = 4,005%». Le norme violate da tale disposizione sono gli artt. 3, 16, 41, 117, 119 e 120 della Costituzione. Per un corretto inquadramento della fattispecie occorre preliminarmente verificare quale sia la natura dell'imposta di cui si tratta e quali, conseguentemente, le attribuzioni legislative spettanti in materia alle regioni a statuto ordinario. A questo proposito si deve rilevare come l'addizionale regionale all'IRPEF e' stata istituita, ed e' interamente disciplinata, dall'art. 50 del decreto legislativo n. 446/1997, che ha originariamente fissato la corrispondente aliquota allo 0,50% del reddito imponibile. Successivamente, l'art. 3 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ha elevato, a decorrere dall'anno 2000, detta misura base allo 0,90%, autorizzando le regioni ad incrementarla fino ad un massimo dello 0,50% e, quindi, sino alla concorrenza massima dell'1,4% (0,90% + 0,50% = 1,40%). Sulla base del quadro normativo appena esposto, alle regioni e' stata attribuita meramente una limitata facolta' di variazione dell'aliquota, cosi' come ulteriormente evidenziato dallo stesso art. 50, comma 6, del decreto legislativo, che prescrive l'applicazione delle norme statali riguardanti l'IRPEF non solo per quel che concerne la dichiarazione, la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni, ma anche per tutti gli aspetti dell'addizionale non espressamente disciplinati dalla legge istitutiva. Cosi' come ripetutamente evidenziato dalla Corte costituzionale, la circostanza che veda l'istituzione di un'imposta essere avvenuta sulla base di legge statale - con l'espressa attribuzione alle regioni, destinatarie del tributo, di competenze di mero carattere attuativo - rende manifesto che detta imposta non puo' essere annoverata tra i «tributi propri» della regione nell'accezione in cui oggi tale espressione e' usata dall'art. 119, secondo comma, della Costituzione «dovendosi intendere il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento con il sistema tributario statale» (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 241 dell'8 luglio 2004). Ne deriva che la disciplina sostanziale dell'imposta di che trattasi - non essendo divenuta oggetto di legislazione concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. - si riannette alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali sulla scorta di quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione. Detto principio - secondo cui sono «tributi propri regionali», nel senso del nuovo art. 119, quelli stabiliti dalle regioni con propria legge e non anche quelli il cui gettito sia «attribuito» alle regioni, ma siano stati istituiti con legge statale - puo' ritenersi definitivamente acquisito e convalidato da parte della piu' recente giurisprudenza costituzionale non solo in materia di tassa automobilistica regionale (v. sentenze n. 297 e n. 311 del 2003) e di IRAP (v. sentenze n. 296 del 2003 e la gia' citata n. 241 del 2004) ma anche di addizionale all'IRPEF, come documentato dalla sentenza n. 37 del 2004 e dalla sentenza n. 381/2004 che qualifica esplicitamente l'imposta che ci occupa nei termini di «tributo indubitabilmente statale». Premesso quanto sopra e passando al merito della questione, si deve osservare come la legge regionale delle Marche n. 35/2001 - che ha fissato «a decorrere dal 2002» aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF superiori alla misura dell'1,4% previsto dall'art. 3 del d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 56 per i redditi superiori ed euro 15.493,71 - tragga iniziale fondamento dall'art. 4, comma 3-bis della legge 16 novembre 2001, n. 405. Detta disposizione ha stabilito che: «limitatamente all'anno 2002, in deroga ai termini e alle modalita' previste dall'art. 50, comma 3, secondo periodo del d.lgs. n. 446/1997 (... omissis ...) le regioni possono disporre la maggiorazione dell'aliquota dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (... omissis...) con propri provvedimenti da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2001. Le maggiorazioni dell'addizionale regionale all'imposta sulle persone fisiche, superiore all'aliquota dello 0,5% e' determinata con legge regionale». Tale norma - che si riconduce a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni dell'8 agosto 2001 al fine della copertura dei disavanzi sanitari - ha, da una lato, autorizzato le regioni a statuto ordinario ad incrementare l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF in misura superiore al limite ordinariamente fissato dall'art. 3, d.lgs. n. 56/2000, ma, dall'altro, ha espressamente e testualmente limitato al solo anno 2002 tale potesta' di incremento. Al contrario, ed operando in contrasto con quanto previsto dalla legge statale, la legge regionale n. 35/2003 ha esteso l'operativita' delle maggiorazioni de quibus anche agli anni 2003 e seguenti «A decorrere dall'anno 2002, l'addizionale regionale IRPEF (omissis) e' determinata (...)». Valga la pena considerare a questo proposito che le Marche risultano l'unica regione italiana in cui nel 2003 l'addizionale regionale all'IRPEF e' stata applicata sulla base di un'aliquota superiore alla misura dell'1,4% cosi' come individuata nel suo limite massimo dall'art. 3, d.lgs. n. 156/2000. L'aver previsto e determinato l'ultrattivita' delle aliquote in questione, superando il riferimento temporale espressamente e testualmente prescritto dall'art. 4, comma 3-bis, della legge 16 novembre 2001, n. 405, configura un manifesto profilo di illegittimita' costituzionale della legge regionale Marche n. 35/2001 in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lett. e) e 119, secondo comma, della Costituzione. La regione Marche in sostanza, nell'ambito di un tributo che per le ragioni sopra espresse e in coerenza con quanto stabilito dalla piu' recente giurisprudenza costituzionale non deve essere annoverato tra i tributi propri della regione ai sensi dell'art. 119, secondo comma, ha violato le disposizioni autorizzatrici promananti dalla legge statale istitutiva e dalle successive disposizioni con cui lo Stato ha modulato le facolta' di intervento delle regioni in forza della competenza esclusiva in materia derivante dall'art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. Il contrasto tra le norme costituzionali prima richiamate e la legge regionale n. 35/2001, peraltro, non e' sanato da quanto stabilito dall'art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che, secondo gli assunti difensivi della Regione Marche, avrebbe autorizzato e legittimato l'ultrattivita' delle aliquote regionali superiori all'1,4% anche per gli anni successivi al 2002. Tale norma, in realta', - sospendendo gli aumenti delle addizionali all'IRPEF deliberati dopo il 29 settembre 2002 che non fossero confermativi delle aliquote gia' approvate per il 2002 - non appare applicabile alla fattispecie in esame e, per converso, non puo' essere interpretata in modo tale da farne conseguire effetti diametralmente opposti a quelli che il legislatore si era prefissato. L'art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha disposto la temporanea sospensione della potesta' - accordata in via ordinaria alle regioni dall'art. 50 del d.lgs. n. 446/1997 cosi' come modificato dall'art. 3 del d.lgs. n. 56/2000 - di incrementare l'addizionale IRPEF sino a che non fosse stato siglato l'accordo Stato-regioni sulla base del quale l'Alta Commissione di studi dovrebbe indicare al Governo i principi generali della finanza pubblica e del sistema tributario ai sensi dei vigenti articoli 117, terzo comma, 118 e 119 Cost. Detta norma e' stata concepita, quindi, al fine di assicurare la coordinata configurazione del nuovo sistema tributario, che, viceversa, singole iniziative regionali di incremento delle addizionali avrebbero potuto condizionare o pregiudicare nella fase transitoria. Si e' trattato dunque di un intervento normativo finalizzato a contenere i livelli tributari di derivazione locale e regionale fin tanto che non si fosse completato il complesso iter propedeutico alla definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale. La ratio della disposizione, gia' di per se' chiara, e' stata ulteriormente ribadita dalla circolare 11 febbraio 2003 n. 1, emanata dal Dipartimento politiche fiscali - Ufficio del federalismo fiscale, che ha espressamente evidenziato come l'art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 fosse «caratterizzato dall'esplicito intento di non elevare la pressione fiscale a carico dei contribuenti». Appare appena il caso di precisare come la stessa Corte costituzionale abbia con propria sentenza n. 381/2004 riconosciuto la legittimita' costituzionale della norma in questione opinando che essa si traduce «in una temporanea e provvisoria sospensione dell'esercizio del potere regionale in attesa di un complessivo ridisegno dell'autonomia tributaria delle regioni nel quadro dell'attuazione del nuovo art. 119 Cost., nonche' di una manovra che investe la struttura di un tributo indubitabilmente statale, qual e' l'IRPEF, destinato, nella prospettiva del legislatore statale a modificazioni profonde, nonche' di un tributo, come l'IRAP, che resta un tributo istituito e tuttora disciplinato dalla legge dello Stato». Date queste premesse, non appare condivisibile la tesi secondo cui una norma costruita proprio per contenere la pressione fiscale di origine regionale possa giustificare il perdurare nel tempo degli effetti «espansivi» dei poteri di imposizione tributaria eccezionalmente accordati alle regioni dall'art. 4, comma 3-bis della legge 16 novembre 2001, n. 405. In conclusione, e al di la' di ogni ragionevole possibilita' di diversa interpretazione analogica, l'art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha sortito l'unico ed esclusivo effetto di sospendere tutti quei provvedimenti inerenti l'addizionale all'IRPEF adottati da regioni (e comuni) dopo il 29 settembre 2002 che non fossero meramente confermativi delle aliquote previgenti. La disposizione, pertanto non concerne la regione Marche che - presumibilmente confidando nell'ultrattivita' delle aliquote fissate con la legge regionale n. 35/2001 - nel corso del 2002 ha omesso di assumere qualsivoglia determinazione in materia di addizionale regionale all'IRPEF. La legge regionale delle Marche n. 35/2001 risulta afflitta da un ulteriore profilo di incostituzionalita' per aver determinato la misura dell'addizionale regionale all'IRPEF non in ragione di un'aliquota unica, ma sulla base di una modulazione diversa e crescente per scaglioni di reddito. Il gia' citato art. 50 del d.lgs. n. 446/1997 riconosce, infatti, alle regioni una limitata potesta' di intervento in materia di addizionale IRPEF; potesta' che puo' esprimersi entro un limite predeterminato che risulta compreso tra lo 0,9% e l'1,4% del reddito imponibile del contribuente. L'art. 50 in particolare - facendo sempre riferimento al termine «aliquota», inteso al singolare - non attribuisce alle regioni (cui sono demandate competenze meramente attuative) la possibilita' di incidere sulla disciplina sostanziale del tributo, articolandone l'incidenza in modo differenziato per tipologie di reddito o per scaglioni. In questo senso, la legge regionale in esame non contrasta solo con gli articoli 117 e 119 ma anche con lo stesso art. 3 della Costituzione. Non solo per aver introdotto un meccanismo obiettivamenie e irragionevolmente discriminatorio in danno dei percettori di redditi superiori a euro 15.493,71 residenti nelle Marche (tenuti al versamento di un'addizionale regionale all'IRPEF significativamente superiore a quella imposta ai residenti nel territorio delle altre regioni). Ma anche per aver aggiunto elementi di progressivita' del prelievo ad un tributo che gia' di per se', nella propria struttura principale, presenta un forte andamento progressivo, cosi' da introdurre a carico del contribuente una sorta di doppia progressivita', che altera la curva delle aliquote, pregiudicando i principi di equita' e ragionevolezza che devono alimentare il sistema tributario. Come e' noto, gli scaglioni delle aliquote IRPEF sono concepiti in modo da escludere, nel passaggio tra scaglioni, fattori di disincentivazione che incidano sulla prospettiva di incremento del reddito che ciascun cittadino ha diritto di conservare. Il sistema della doppia progressivita' introdotto dalla legge regionale n. 35/2001, al contrario, produce in aggravamento degli effetti del drenaggio fiscale (o fiscal drag) nell'ambito di un tributo la cui regolazione - per le argomentazioni gia' esposte - e' esclusivamente demandata alla competenza esclusiva dello Stato. Il tutto al di fuori di qualsivoglia forma di coordinamento con i principi della finanza pubblica e del sistema tributario. Nella Regione Marche, in definitiva, «a decorrere dal 2002» si e' delineato un sistema in base al quale - sia detto a titolo esemplificativo - i titolari di redditi superiori a euro 69.721,68 sono stati tassati nel 2003 sulla base di un'aliquota pari al 49% (45% + 4%), mentre in tutte le altre regioni italiane le medesime condizioni patrimoniali hanno determinato all'applicazione di un'aliquota oscillante tra il 45,9% (45%+09%) e il 46,4% (45%+1,4%). Proprio nel presupposto che la legge regionale de qua violi il principio di uguaglianza, generando una grave disparita' di trattamento tributario a carico dei cittadini residenti nella Marche, risultano altresi' violati i principi costituzionali di cui all'art. 16 (liberta' di circolazione e di soggiorno), 41 (liberta' di iniziativa economica) e 120 (liberta' di circolazione delle persone e delle cose tra le regioni). Sulla base di tali principi, ciascun cittadino infatti gode della liberta' di fissare la propria residenza e/o il proprio domicilio in qualsiasi porzione del territorio nazionale, cosi' come di localizzarvi la propria impresa senza che la libera circolazione di cose o persone possa essere pregiudicata da provvedimenti regionali che vi costituiscano ostacolo. La disciplina dell'addizionale regionale IRPEF stabilita dalla l.r. n. 35/2001 della Marche, al contrario, incidendo illegittimamente sul carico tributario riferito a quanti risiedano nella regione, menoma implicitamente la liberta' di scelta delle persone fisica in ordine alla residenza, all'insediamento di iniziative industriali, commerciali ed artigianali od anche piu' semplicemente sociali. Il regime della fiscalita' vigente nel territorio, infatti, costituisce uno dei fattori potenzialmente determinanti tali scelte e, per i motivi appena espressi, nelle Marche risulta irragionevolmente condizionato in pejus dagli effetti direttamente promananti dalla legge regionale n. 35/2001. Cio' posto, va chiarito che non appare possibile rinvenire una diversa interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato e che la questione di legittimita' costituzionale come sopra spiegata e' assolutamente rilevante nel presente giudizio, in quanto dalla decisione della stessa dipende il contenuto della pronuncia che questa Commissione tributaria si e' riservata di prendere sulle richieste il parte ricorrente.